di Martino Motti e Maria Pamela Toti

Un salto nel passato

“…era di straordinaria bellezza artistica, per il grande numero e l’eleganza delle sue case, dato il benessere degli abitanti…”
Diodoro Siculo XIV,47,4;48,2

La curiosità da viaggiatori e l’amore per l’archeologia e la storia ci porta, questa volta, a visitare un luogo davvero non comune che sembra avere poco a che fare con la nautica, ma che invece ha un legame molto forte con gli argomenti trattati solitamente in queste pagine. Siamo lungo la costa ovest della Sicilia, su un’isola molto particolare che oggi non si trova più in mare aperto bensì all’interno di una laguna ad esso collegata da un varco quasi invisibile. Sebbene nel passato la morfologia costiera non fosse quella odierna, sembra che i fenici, per facilitare l’accesso a Mozia, avessero scavato un canale artificiale di cui rimangono oggi soltanto pochi resti.

La Laguna dello Stagnone di Marsala

La Laguna dello Stagnone di Marsala, riserva naturale dal 1984, è situata fra Marsala a sud e Trapani a nord. Ha una superficie complessiva di circa 20 chilometri quadrati e fondali poco profondi, difficili da navigare per gli stranieri; al suo interno sono situate le isole di Santa Maria, Scola e San Pantaleo. Una lunga striscia di terra, detta Isola Lunga, chiude lo Stagnone verso il mare aperto lasciando solo, come sopradetto, solo una piccola porzione navigabile a barche di bassissimo pescaggio. Lo stagnone è comunque parco marino, denominato “La Riserva dello Stagnone di Marsala”, che comprende anche il litorale da Trapani a Marsala con accesso quindi regolamentato.
L’isola di San Pantaleo è proprietà della Fondazione Whitaker, istituita dalla figlia di Giuseppe Whitaker, signorina Delia, nel 1971.

Stagnone

Come ci racconta la dottoressa Maria Pamela Toti, archeologa della fondazione, questo particolare ambiente naturale fu scelto dai Fenici, intraprendenti mercanti e grandi navigatori, come sede di una importante città: Mozia (in fenicio MTW = porto/approdo), da essi fondata nell’VIII secolo a.C.. L’insediamento si sviluppò nel corso dei secoli per raggiungere, probabilmente nel V sec. a.C., il massimo dell’espansione occupando l’intera superficie dell’isola, circa 45 ettari. Le ricostruzioni archeologiche ci mostrano una possente cinta muraria, nella quale si aprivano diverse porte, che circondava e proteggeva la città. Sul lato nord un terrapieno lungo 1.700 metri e largo 7, costruito attraverso lo Stagnone nel punto in cui la profondità dell’acqua era minore, collegava la città insulare con la terraferma, assicurando l’approvvigionamento di derrate alimentari e materiale da costruzione, oltre a costituire un lungo molo per l’attracco delle imbarcazioni. Ancora oggi questa strada è visibile appena sotto il pelo dell’acqua e piace l’idea che fosse così anche allora, in modo da essere invisibile agli ignari nemici. Solo quando il vento di tramontana soffia forte in laguna la strada magicamente appare in tutta la sua interezza emergendo dall’acqua.

 

La posizione protetta dell’isola, all’interno di una zona di acque calme e poco profonde, ha probabilmente permesso alla città di avere più punti di approdo: le navi potevano quindi raggiungere, conoscendo le vie d’acqua, i moli individuati dagli archeologi nelle acque antistanti le porte urbiche e così più facilmente le zone commerciali moziesi. L’isola-città era cinta da mura spesse da 1 a 5 metri per una lunghezza di ben 2,5 chilometri.
A ridosso delle mura si trovavano le officine di artigiani che lavoravano l’argilla e tingevano i tessuti con il prezioso color porpora ottenuto dal liquido rossastro secreto dal murex, il murice, un mollusco abbondante nelle acque moziesi.

I luoghi di culto

Numerosi dovevano essere i luoghi di culto: sono stati individuati sia semplici ambienti rettangolari, come quelli all’esterno di Porta Nord, o la cappella forse dedicata ad Astarte vicino alla Porta di Nord Ovest, sia altri con pianta più complessa. Fra questi il Santuario detto di Cappiddazzu, luogo sacro dalle origini di Mozia fino all’epoca medioevale; infatti, sulle rovine dell’antico tempio, monaci basiliani avevano edificato una cappella dedicandola a San Pantaleo. Presso il grande complesso di Porta Sud gli scavi hanno portato alla luce un insieme di edifici templari separati dal resto dell’abitato da un muro semicircolare che racchiude al suo interno anche il bacino del Kothon, identificabile ormai come una piscina di acqua sacra, legata ai culti che si svolgevano nel santuario. Alcuni studiosi nel passato ritenevano che il Kothon fosse un porto interno, una darsena protetta, ma questo ha scarso fondamento data la conformazione naturale molto bassa del fondale prospiciente e la strettissima imboccatura verso mare.

Inoltre esisteva a Mozia anche il Tofet, un’area sacra a cielo aperto nella quale erano deposti all’interno di vasi, spesso sormontati da stele di pietra, i resti di sacrifici umani ed animali. Poco distante dal Tofet era la necropoli, nella quale sono presenti sepolture, databili tra la fine dell’VIII e la fine del VI secolo a.C., sia a incinerazione sia a inumazione in sarcofagi di pietra.
Nel 397 a. C. le truppe greche di Dionigi di Siracusa assediarono e distrussero la città che non venne più ricostruita e gradualmente abbandonata.
Nel 1800 erano proprietarie dei terreni di San Pantaleo circa una decina di famiglie di contadini che coltivavano i campi soprattutto a vigneto; dalle uve prodotte nasceva il Marsala, vino allora molto richiesto dal mercato inglese. Famiglie inglesi si stabilirono quindi in Sicilia per sovraintendere alla commercializzazione del vino e tra di loro proprio i Whitaker.

Agli inizi del 1900, Giuseppe Isaac Spatafora Whitaker “inglese di nazionalità, nato a Palermo e siciliano nell’anima”, divenne l’unico proprietario dell’isola di San Pantaleo e, pur non trascurando i vigneti ancora oggi in produzione anche se ridotta, iniziò i primi scavi archeologici in estensione. Per circa un ventennio si dedicò con passione alla riscoperta dell’antica città, individuando edifici della Mozia fenicia e punica, tuttora oggetto di indagine archeologica da parte di istituzioni universitarie italiane.
Per esporre i materiali rinvenuti, Whitaker costruì un apposito locale sull’isola, adiacente la sua abitazione, creando così uno dei primi musei legati al territorio proprio nel luogo di ritrovamento degli oggetti: criterio estremamente moderno ma insolito per quei tempi.

Il Museo

Nel Museo, il cui allestimento attuale risale al 2001, sono esposti sia i materiali della Collezione Whitaker sia una selezione di quelli provenienti dagli scavi effettuati a partire dal secondo dopoguerra. Fra tutti gli oggetti spicca, incontrastata, la statua del Giovane detto anche Giovanetto di Mozia, capolavoro della scultura greca di Sicilia degli inizi del V sec. a.C. La statua in marmo a grandezza naturale, alta circa un metro e ottanta, rappresenta un efebo con elegante abbigliamento panneggiato che sembra guidare una biga. La fine lavorazione del marmo esalta le forme possenti del corpo, i muscoli, le vene e i tratti maschili, ma con una grazia e una postura che non lascia adito ad interpretazioni erronee. La bellezza del manufatto è tale che è facile essere colpiti dalla sindrome di Stendhal, come può accadere al cospetto dei Bronzi di Riace o della maschera di Tutankhamon!

Nonostante la nomea di navigatori dei Fenici, al momento sono veramente pochi i ritrovamenti collegati alla marineria o comunque provenienti dalle acque dello Stagnone. Si tratta in genere di anfore portate dai pescatori a G. Whitaker e da lui inserite tra i materiali della collezione ed esposte insieme alle altre di provenienza terrestre. Sono vasi che documentano gli scambi commerciali con le vicine coste africane, vasi forse caduti in acqua mentre si sbarcava il carico. Nel 1974 venne scoperta una nave fenicio-punica all’imboccatura dello stagnone, unico ritrovamento al mondo, scavata e studiata dall’archeologa Honor Frost, trattata, stabilizzata ed esposta nel museo archeologico Baglio Anselmi di Marsala. Interessante e ben descrittiva la pagina web www.lavocedelmarinaio.com/2010/04/le-navi-dei-fenici/, utile anche per capire la marineria fenicia.

Tra i molti reperti di pregio della collezione Whitaker ne spicca uno: il vaso bifronte in bronzo del V secolo a.C.. Nel museo è anche visibile un plastico con la ricostruzione della città che mostra la notevole complessità dell’impianto urbano: si calcola che vivessero a Mozia almeno 10.000 abitanti.
Suscita curiosità, e dimostra l’attenzione di Giuseppe Whitaker a tutto ciò che lo circondava, la presenza del cranio di un delfino tra i materiali della Collezione. È detto proveniente “da un fossato nel mare che circonda Motya”, ovvero da uno dei punti in cui le acque dello Stagnone sono più profonde, vere e proprie fosse. Il cranio fu ritenuto importante al pari dei vasi fenici e greci e inserito nella Collezione così come le conchiglie e i frammenti di corallo ancora oggi esposti in una vetrina del Museo.

La magia di Mozia è il risultato di una combinazione, apparentemente illogica a volte, di elementi eterogenei che in diversa misura contribuiscono a formare un microcosmo cristallizzato nel tempo, sempre e comunque affascinante. Per raggiungere l’isola è necessario recarsi presso le Saline della Laguna di Marsala e salire su un’imbarcazione che collega Mozia alla terraferma con regolarità.
Sull’isola non è possibile soggiornare. Le saline sono visitabili e vengono organizzati anche tour in barca per ammirare la laguna e Mozia dal mare. É possibile soggiornare in camere di charme affacciate sulla laguna e su Mozia nella struttura presso le saline chiamata “Finestra sul Sale”.

Info Turistiche

Come arrivare

Mozia si trova ad ovest della Sicilia, non lontano da Marsala, a pochi chilometri da Trapani. La si può raggiungere da numerose città italiane ed europee in aereo atterrando all’aeroporto “Vincenzo Florio” a Trapani Birgi (info: www.airgest.it). Vi si arriva con imbarcazioni dalle “Saline della Laguna di Marsala” (www.salinedellalaguna.it).

Clima

Clima tipico mediterraneo caratterizzato da inverni miti e umidi con relative precipitazioni ed estati calde ma ventilate.

Contatti

Ente per il turismo di Marsala: www.marsalaturismo.com/
Ufficio turistico Trapani: www.turismo.trapani.it/
Info su Mozia e musei: http://www.anvo.it/entra_in_anvo/editoria/articoli_dei_soci/pagine_articoli/storia_della_navigazione/Storia_antica/la_sorella/la_sorella.htm
http://www.fondazionewhitaker.it/

Varie

Struttura ricettiva di riferimento: “La Finestra sul Sale” (www.finestrasulsale.salinedellalaguna.it)
Dove mangiare: Sull’isola esiste un punto di ristoro – trattoria con tavoli all’ombra degli alberi vicino all’ingresso del museo. In alternativa si può mangiare al ristorante delle Saline.
Cucina locale: cucina prelibatissima siciliana, pasta con le sarde e ravioli di pesce, spaghetti con le acciughe, zuppa di pesce, pesci freschissimi, involtini di pesce spada, polpette di tonno, verdure del territorio, pasta con melanzane alla norma, dolci tipici siciliani come le cassate e i cannoli. Da assaggiare il vino di Mozia, antico vitigno fenicio “Grillo”, e il passito prodotto con le stesse uve.