Le Tremiti: un piccolo arcipelago dalle molte sorprese

Testo e foto di Lorenzo Capucci

Via Domenico Sputo, 10. È un indirizzo storico, perché fa il paio con “Catarro”, il nome della barca o, almeno, una delle barche, che furono di Lucio Dalla, che qui alle Tremiti era di casa e che per questo era doppiamente amato dagli abitanti. Pochi in verità, in questo minuscolo arcipelago davanti al Gargano, le uniche isole italiane in quel tratto di Adriatico su cui si affaccia il nostro meridione. Alle barche un nome lo si dà, alle strade anche ma, insomma, di solito quando si prende casa le si trova già battezzate, e allora è facile che l’indimenticato Lucio, con ironia e gigioneria tutta propria, il “buen retiro” lo avesse meticolosamente voluto proprio a quell’indirizzo solennizzato in memoria di un aviatore, eroe della Seconda Guerra mondiale, ma così tanto in rima con il natante del cuore. A quel nome e cognome, del resto, doveva essere molto affezionato, se è vero, com’è vero, che compare anche sul citofono della sua casa di Bologna, in Via d’Azeglio, perfetto per depistare i curiosi.

Quella casa di Tremiti, ad ogni modo, si trova all’ombra di una bella pineta mediterranea, affacciata sul mare di Cala Matana, lontana dal pur modesto trambusto del porto e dall’ancor più modesto traffico isolano; quindi, a prescindere dal nome del suo indirizzo, è in una posizione ideale e invidiabile per godersi l’isola madre e le sue sorelle. San Domino, San Nicola, Capraia, Pianosa e Cretaccio, in tutto 500 abitanti, ecco il comune più piccolo della Puglia, a un pugno di miglia dalla Penisola come dal Molise, con Termoli, che le considera un po’ cosa sua, adottate insomma, tanto sono vicine e naturalmente affini. Per la verità anche un insospettabile e un po’ invadente vicino le considerava sue, ed era il Colonnello Gheddafi, lo scomparso ed eccentrico dittatore libico che riteneva le Tremiti una sorta di colonia libica nel Belpaese, perché considerava che gli isolani fossero diretti discendenti di quei libici deportati lì nel secolo scorso, nel 1911 per l’esattezza: un migliaio di persone, che si ridussero a non più di 600 a causa di un’epidemia di colera, al punto che un anno dopo vennero tutte rimpatriate, con l’eccezione di una decina di persone troppo malate per venir trasportate. Insomma, il Colonnello era convinto che quel gruppo di persone, grandi amatori, evidentemente, prototipi di maschi libici alfa, avesse dato luogo a una vera e propria stirpe libico-tremitese e tanto fece che ottenne da un sindaco (sic!) di far fare il test del Dna a un nutrito gruppo di isolani, senza peraltro certificare alcuna discendenza accertata. Tuttavia le isole ospitano ancora oggi un mausoleo che ricorda la memoria dei libici morti a Tremiti, con un semplice monumento stilizzato che svetta all’orizzonte.

 

E poi c’è la storia straordinaria dell’attentato dinamitardo al faro di San Domino, altrochè! Un vero intrigo internazionale, mai del tutto chiarito, con due attori certi – due svizzeri dal passato fosco e criminale, uno morto nell’esplosione, l’altro uccel di bosco – e un mandante misterioso che la voce del popolo vuole identificare proprio nel Colonnello, che facendo saltare in aria il faro di Punta del Diavolo intendeva così fare pressione sulle autorità italiane e, molto più probabilmente, nella sua beata ignoranza delle leggi italiane, sulle autorità delle isole, perché l’Arcipelago fosse annesso all’antico “Bel Suol d’Amore”. Oggi il faro che illuminava il basso Adriatico, luce nella notte, si trova in un buio assordante, desolato, diroccato e pericolante. Ma come tutti i fari è in una posizione invidiabile, dominatore assoluto di un mare magnifico, il mare dell’Adriatico del largo, limpido e ventoso, azzurro e spumeggiante, com’è il mare profondo. Non c’è dubbio che così isolato e remoto, ultimo lembo di terra, d’una dolce discesa di pini e di macchia mediterranea, così battuto dal sole e dalle brezze, piuttosto che lasciarlo cadere vittima delle insidie del tempo e del terrorismo dell’uomo, il faro potrebbe diventare un magnifico rifugio di pochissime stanze, un eremo sul mare per vacanzieri in fuga dalla pazza folla e dalle eccessive eccentricità del mondo.

Perché le eccentricità di sicuro non mancano sulle isolette che nei canonici mesi estivi vedono il suo popolo aumentare a dismisura, molte volte quello normalmente residente, con ogni angolo e anfratto stipato all’inverosimile, senza possibilità alcuna di trovare un posto letto che non sia stato prenotato con largo anticipo. Due mesi di baldoria e di eccitazione, buoni a riempire le tasche per tutti i restanti 10 mesi, ma che lasciano le isole vuote per il resto dell’anno, esempio lampante di una gestione del turismo non programmata, priva di un capo e di una coda, che è purtroppo la cifra di molte amene località del Belpaese. Anche se è vero che in questo modo si crea l’occasione di una vacanza quasi esclusiva, di isole sostanzialmente a propria disposizione, per quanti hanno la possibilità di concedersi il lusso di una crociera fuori stagione.

Dove ormeggiare alle Tremiti?

È una domanda pertinente perché, anche se chi va per mare sa che un posticino alla fine si trova sempre, soprattutto al sud, dove regna il principio, diciamo così, della libera impresa, a Tremiti non c’è nulla che assomigli a un approdo organizzato, con l’unico mare protetto (finché il vento non si alza troppo) rappresentato dal braccio che separa San Domino dalla sua appendice storica, l’isola di San Nicola, con il Cretaccio a fare da argine da sud est.

Tanto a San Domino, quanto a San Nicola, ci sono poi due bracci di frangiflutto e le banchine; ma queste sono adibite al traffico locale e alle navette che fanno la spola tra le due isole abitate. E poi lo specchio d’acqua davanti al porto di San Domino è lo spazio necessario alle manovre di attracco del traghetto che collega l’isola al Continente.

Tuttavia, magari a sera, un posto in banchina si trova pure. Ci troviamo dopotutto nel Paese dell’accoglienza. Del campo boe che dovrebbe mettere in moto la macchina del turismo nautico da diporto, neppure a parlarne, per ora (aprile 2017) esiste solo sulla carta. Si tratta di un progetto da 69 posti barca da piazzare proprio nello specchio d’acqua tra le isole di San Domino, San Nicola e Cretaccio, ma che per quanto sia stato annunciato da tempo, e per quanto vanti addirittura un finanziamento del Parco Nazionale del Gargano e abbia anche un’impresa realizzatrice pronta, anche questa con nome e cognome, vincitrice di un bando, è ancora al di là dal vedere la luce.

Scoprite limiti e divieti di navigazione per l’Area Marina protetta delle Tremiti

È un problema, perché non solo nello specchio d’acqua interessato, tra i più idonei a dar fondo, si sprigionano forti correnti e occorre dunque fare un ormeggio accorto in caso di maltempo, ma il resto dell’isola è Riserva Marina e dunque occorre essere doppiamente attenti a dove si intende calare l’ancora, perché le zone A e B, dove non si può navigare e ormeggiare sono più numerose delle zone C dove l’ormeggio è invece consentito. Ma se si guarda con attenzione la cartina non può non balzare all’occhio che le zone C sono anche quelle più esposte a eventuali rinforzi dei venti di traversia e che quindi non resta altro che adeguarsi su un lato o sull’altro, a seconda.

Insomma, chi va per mare è solitamente abituato e rassegnato a portare in spalla molte croci, ma obiettivamente approdare in barca alle Tremiti – almeno teoricamente – richiede un esercizio di sublimazione spirituale. Dopo tutto ad appena 50 miglia di mare, e questo dovrebbe far riflettere, la costa croata offre bellezze altrettanto suggestive quanto quelle nostrane, ma accoppiate a un sistema di ospitalità turistica molto rodato, con cittadine curate e bellissime e approdi sicuri, dotati di ogni comfort; e non si capisce perché la nostra industria del turismo nautico debba invece soffrire più del dovuto, senza mai davvero mettersi in moto come dovrebbe, e soprattutto come potrebbe, nella totale incapacità di richiamare un pubblico straniero, accontentandosi come simbolo di successo degli indimenticabili “15 giorni” da leone della solita e celebrata Costa Smeralda. Insomma, senza voler colpevolizzare nessuno, un po’ di organizzazione su scala nazionale, mettiamola così, forse non guasterebbe.

Tanto più che il mare delle Tremiti è davvero bello, generoso di pesca e di natura come pochi altri scenari in Mediterraneo. Arrivando nelle isole, per esempio, a San Domino, in particolare, colpisce la straordinaria boscosità, il verde e l’ombra di fitte e ampie pinete che dominano l’intera isola, nelle quali è bellissimo addentrarsi a piedi, seguendo magari il percorso a ridosso degli scogli, che offre scorci panoramici di grande suggestione. Si può camminare per ore salendo e scendendo verso il mare, oppure addentrandosi all’interno e compiere così un periplo dell’isola che ha nel suo versante di ponente gli scorci più belli, con le scogliere a precipizio sul mare, territorio eletto dei tanti gabbiani che colonizzano l’arcipelago.

isola di San Nicola

Ma altrettanto belli sono i panorami a levante che regalano una vista di insieme delle isole, con San Nicola e il suo antico monastero in primo piano, ovvero l’Abbazia di Santa Maria a Mare, definita la “Montecassino in mezzo al mare”, un complesso di origine benedettina che dona all’intera isola uno spessore culturale unico. Secondo la letteratura corrente, il primo abitante di San Nicola risale al 312 d.C, un eremita che aveva scelto lì il suo eremo e che come spesso capita nella narrazione leggendaria di molti nostri luoghi ebbe in sogno dalla Madonna l’invito a edificare il monastero. Un po’ titubante il povero eremita pare ebbe bisogno di un secondo sogno con la Vergine, contrariata peraltro, per credere davvero di essere il prescelto, ma non si convinse neppure allora perché si domandò e chiese – e chi si sente di biasimarlo? – come avrebbe potuto da solo e senza mezzi costruire un santuario. Uomo di poca fede: eccolo lì che, in men che non si dica, viene portato in viaggio astrale a Costantinopoli, per trovarsi imbarcato a bordo di una nave carica di ogni possibile materiale necessario alla costruzione, operai compresi, pronta alla via per San Nicola.

 

Ecco perché in nome di questa e altre leggende che popolano le isole, alcune anche un po’ cruente… l’invito attribuito proprio a Lucio Dalla, cantore di ogni narrazione, è di vivere l’arcipelago senza prescindere dalla sua cultura e dai suoi miti, a cominciare da quello della sua fondazione, eh già, delle tre pietre scagliate in mare da Diomede, che altro non sono che le isole di San Domino, San Nicola e Capraia.
Per questo l’Arcipelago è detto anche delle Diomedee. La storia in ogni caso ha bisogno di una bella scarpinata per essere appresa e assaporata. Quella necessaria ad arrampicarsi dalla banchina del porto, o dalla spiaggia, fin sulla sommità dell’isola di San Nicola (esiste tuttavia un ascensore…), attraversando il borgo che si trova all’interno del complesso monacale, fortificato nel 1200 da Carlo I D’Angiò, che solo con un po’ di cura in più sarebbe un vero incanto. La ridotta cura dei suoi luoghi è purtroppo una costante delle Tremiti. Alcune cose di San Domino lasciano francamente perplessi, come certe specie di accampamenti in pieno centro abitato, anche se è evidente che è uno stato che sconta realtà incontrovertibili e che l’isola abitata è tutto sommato molto recente e diciamo architettonicamente fantasiosa dal punto di vista della qualità estetica.

Ma San Nicola è un gioiello antico, con la sua importante storia, come accennato, e merita quantomeno una maggiore consapevolezza, nel rispetto della cultura del luogo: almeno non si dovrebbero addossare alle mura storiche l’alluminio anodizzato e certe strutture che sono un pugno allo stomaco – come si vede da alcune foto di queste pagine – in nome di un’idea dell’accoglienza turistica che non ha molto in considerazione il rispetto storico-culturale delle cose, ma ha a cuore solo la quantità della clientela. Molto comunque è stato restaurato, ed è un incanto passeggiare sulle terrazze del monastero fortificato, che si affacciano su un lato e sull’altro dell’isola, anche se è chiaro che occorrerebbero ingenti risorse per proseguire con il recupero del complesso monumentale e aggiornare i restauri già compiuti. Impegni che sono certamente al di là della portata dell’amministrazione locale. Questo monastero, però, le sue mura, i suoi scorci sull’Arcipelago, la vegetazione spontanea che colora di fiori l’altopiano in primavera, le colonie di gabbiani che nidificano sulla scogliera, sono un patrimonio comune troppo importante perché resti così senza recupero, senza un progetto di valorizzazione in grado di trasformarlo e di farne un volano dello sviluppo delle isole, un attrattore capace di richiamare quel turismo di qualità, magari internazionale, che è il solo che possa garantire presenze continue, perché il lavoro dell’accoglienza e dell’ospitalità diventi la cifra del benessere. Ci vuole insomma un salto di qualità, perché a raccogliere i frutti spontanei di due mesi estivi, all’arrembaggio, sono buoni tutti; lavorare per un turismo d’eccellenza, coltivare la pianta e offrire servizi di livello, favoriti oltretutto da un clima mite per buona parte dell’anno, è invece un’impresa che richiede applicazione e metodo, un’idea di sviluppo.

Lasciati il borgo e il monastero, il sentiero segue il crinale di San Nicola, in una passeggiata fuori dal mondo e fuori dal tempo che conduce alla Punta del Cimitero, ultimo lembo meridionale dell’isola, affacciato sulla Capraia e sul faro di Punta Secca, per buona parte zona B dell’Area Marina, ma anche zona C, dunque idonea all’ormeggio, come del resto i versanti meridionali di San Domino e San Nicola. È lì che occorre destreggiarsi per dar fondo, in un mare che promette, e mantiene, tutte le sue promesse e, per questo, da rispettare nei divieti imposti dell’Area Marina, ma anche quelli che ci impone l’andar per mare, indipendentemente dalle regole scritte. Ed è proprio sull’altura della Punta, non distante dal cimitero, che si trova il mausoleo in memoria dei libici. Un angolo di meditazione, verrebbe da dire, perché tale è: con i segni di un passato recente a suggerire che sotto il manto della storia l’uomo resta pur sempre l’anello debole e il panorama del Levante davanti allo sguardo a ricordarci che calarsi nel mito aiuta a capire un territorio e a entrarci in contatto.

Informazioni Turistiche

Numeri Utili: Comune isole Tremiti Tel. 0882.463003

Carburanti: Arturo Santoro, Puntasecca di San Domino tel. 0822. 463326 – 0822.463264

Guardia Costiera: Tel. 334.62.65.844 – 1530

Carabinieri: 0822.463120 – 0822.463010

Pronto soccorso San Domino: 0822. 463234

Farmacia: 0822.463327

Banca: Piazza Pertini, San Domino Tel. 0822.463406

Traghetti: da Termoli operano tre compagnie di navigazione: Tirrenia, NLG e Gruppo Armatori Garganici

Elicottero: l’Alidaunia effettua collegamenti aerei da  e per Foggia, con elicottero. Tel. 0881.617961

Parco Nazionale del Gargano: http://www.parcogargano.gov.it/servizi/notizie/notizie_homepage.aspx

Tabella dei relitti ritrovatiI fondali della Riserva marina delle Isole Tremiti sono ricchi di relitti, anche di una certa rilevanza storica. Ecco alcuni dei principali relitti ritrovati sui fondali marini.