Alghero: un affascinante scrigno pieno di storia, archeologia e arte, con parchi terrestri e marini e spiagge baciate dal sole.
Stintino
Stintino è il paese, con relativi porti, più a nord ovest della Sardegna. Fondato nel 1885 da pescatori, pastori e contadini, evacuati dall’Asinara, per far posto sull’Isola, a una stazione Sanitaria prima e a una casa di pena poi, ma durante la prima guerra mondiale fu anche campo di prigionia per militari austroungarici. Negata a tutti, meno che agli addetti ai lavori, per più di un secolo, ora l’Isola è Parco Naturale e Area Marina Protetta, ricca di una natura incontaminata.
È la seconda volta che caliamo la nostra ancora nelle acque portuali di Stintino; la prima fu nel maggio del 2009, durante la visita all’isola dell’Asinara, vedi Nautica n° 576; all’epoca il nascente Marina di Stintino non era ancora del tutto completato, ora è perfettamente funzionante. Il nuovo Marina, unitamente a Porto Mannu a Nord e al Porto Minore a Sud, costituiscono, per il navigante, un insieme molto accogliente.
Il dover abbandonare l’Asinara, per i suoi storici abitanti, è stata una esperienza traumatica: i contadini e i pastori scelsero altre zone della Sardegna ove andare a vivere, per i pescatori la cosa fu molto più dura. Essi non volevano allontanarsi dal luogo di pesca da loro conosciuto e, tra l’altro, molto pescoso, quindi scelsero di rimanere in zona. Il comune di Sassari, nel quale il territorio ricadeva, offrì loro una terra compresa tra due brevi bracci di mare, una terra quindi che si concretizzava come una piccola penisola, poco distante dalla loro isola di provenienza. Il territorio fu diviso in lotti di 450 metri quadrati che furono sorteggiati tra gli aventi diritto; ai nuovi cittadini della nascente Stintino, ma anche agli altri evacuati, fu dato un compenso di 750 lire a famiglia.
All’alba siamo svegliati da un sole radioso, i cui raggi illuminano la barca e filtrano attraverso il tambuccio semiaperto, sarà un buon giorno per navigare, il meteo prevede un moderato maestrale, se salpiamo senza alcun indugio riusciremo ad attraversare lo stretto dei Fornelli con calma piatta e sole alle spalle, quindi con ottima visibilità: un buon caffè ci sveglia completamente, poi armiamo le vele. Usciamo dal porto passando tra la meda rossa a destra, che segnala uno scoglio affiorante all’uscita del porto e il fanale verde a sinistra; pochi metri e accostiamo, decisamente, a sinistra. La diga foranea scorre lungo la fiancata e il porto si allontana. Nessuno assiste alla nostra partenza, solo un gabbiano ci saluta volteggiando su di noi.
Ci attende l’impegnativo passaggio dei Fornelli che ci porterà verso il mare aperto. Appena superato lo stretto, stando attenti agli allineamenti, puntiamo la prora verso Sud.
Ammiriamo le splendida spiaggia della Pelosa e la torre omonima che si perdono in una leggera foschia mattutina. Il vento comincia a soffiare, poco più che una brezza, ma presto diventa un moderato maestrale: tutto come previsto. Il tratto di mare che ci accingiamo a navigare è completamente esposto a ponente, per circa 35 miglia non vi sono validi rifugi in caso di forte maestrale, che da queste parti può formare un mare davvero pericoloso e impegnativo. Scorrono miglia di affascinante costa, la Cala Argentiera, con le sue bianche spiagge; cala Porto Ferro, con la sua spiaggia luminosa, che se il meteo lo permette è uno splendido ancoraggio per una sosta con bagno; segue Cala Porticciolo, che negli anni passati è stato un approdo di emergenza per le imbarcazioni dei corallari. E come per incanto, appare l’Isola Foraddada, che preannuncia l’alta falesia su cui torreggia il faro di Capo Caccia. Poi il profondo e sicuro golfo di Porto Conte. Cala Dragunara ci accoglie nelle sue acque per una pausa ristoratrice. Il mare calmo, l’aria dolce della primavera, la stanchezza accumulata, ci inducono, dopo un pasto leggero, a fare un pisolino di due ore. Il Sole, però, corre veloce sul suo carro attraverso il cielo, e noi vogliamo arrivare non troppo tardi all’ormeggio nel porto di Alghero. Salpiamo l’ancora, sapendo che tra qualche giorno ritorneremo a godere con calma di queste bellezze.
Scapolata Punta Giglio, già si vedono, verso Est, le mura catalane a protezione di Alghero, che, illuminate dal sole al tramonto si tingono di rosa. Sulla nostra rotta, ben visibile, la piccola isola Maddalena, segnata da una torre rossa con fanale, che si lascia ben distante a sinistra e subito si è all’ingresso del porto. Ci viene assegnato un posto per le barche in transito, alla banchina Dogana; molto bene, siamo vicinissimi al centro storico della città, a due passi dall’antica Porta a Mare, la stessa dove nel 1541 passò l’Imperatore Carlo V in visita alla cittadina del corallo.
Storia di Alghero, la piccola Barcellona
La sub regione della Nurra, in cui sorge Alghero, è ricca di storia; la presenza dell’uomo è testimoniata dall’elevato numero di Nuraghi, circa cento, i cui resti sono visibili in zona, uno tra tutti il Nuraghe Palmavera, i cui resti sorgono tra il golfo di Alghero e la rada di Porto Conte. Altre testimonianze dell’uomo sul territorio, le abbiamo nella grotta Verde, una grotta costiera nella quale sono stati rinvenuti graffiti risalenti al 5300-5000 a.C.; e ancora, la vasta necropoli Anghelo Ruju, le cui sepolture risalgono al 3200-2800 a.C.
È evidente che il Golfo di Alghero riveste una notevole importanza strategica per la navigazione marittima lungo la costa occidentale della Sardegna, esposta alle grandi mareggiate dovute ai venti di ponente, molto frequenti nel periodo invernale, e dai quali non vi sono ridossi sicuri, oltre al piccolo golfo di Oristano, poco più a sud.
La città di Alghero, il cui nome deriva da Aleguerium (Alga), una piantale cui foglie secche si riversano sulle spiagge del golfo in grande quantità, è stata fondata dalla famiglia Doria di Genova, probabilmente sul luogo ove prima sorgeva un villaggio di pescatori. Il probabile anno di fondazione è il 1102, il territorio faceva parte del Giudicato di Logudoro.
I Giudicati di Sardegna, erano quattro, oltre a quello già accennato, vi era: il Giudicato di Arborea, il giudicato di Cagliari e di Gallura. Il Giudicato è stato una forma di governo autonomo, che la Sardegna si dette, dopo che si fu esaurito il periodo di dominio, o protettorato che dir si voglia, Bizantino.
In pratica si trattava di piccoli regni, autonomi, governati da un Giudice, eletto, con modalità semi democratiche, dal popolo. Il fenomeno durò dal IX al XV secolo. In quegli anni, le coste della Sardegna erano continuamente attaccate dai pirati saraceni, che depredavano le città costiere e condizionavano il traffico mercantile delle Repubbliche Marinare.
Genova e Pisa erano particolarmente interessate alla Sardegna, sia militarmente sia dal punto di vista mercantile. Intervennero spesso in aiuto della popolazione sarda e dei loro governanti, contro i saccheggi dei Saraceni, qualche volta chiamati dai Giudici, altre di loro iniziativa. Ben presto cominciarono a contendersi il controllo dell’isola, con spartizione di zone d’influenza; come detto, Alghero fu fondata dalla famiglia genovese dei Doria, ma nel 1248, dopo un assedio di 28 giorni, venne conquistata dai Pisani. Era iniziata la battaglia per il predominio dell’Isola, infatti, quattro anni dopo la battaglia navale della Meloria, la città di Alghero ritornò ai genovesi.
Ma come si dice, non vi è due senza tre. A complicare la situazione ci si misero gli Aragonesi.
Erano gli anni durante i quali l’Italia era contesa tra Aragonesi e Angioini. Nel 1297, il papa Bonifacio VIII per attenuare i contrasti tra i due contendenti, circa il possesso della Sicilia, creò il Regno di Sardegna e Corsica, assegnandolo agli Aragonesi.
Nel 1353, dopo una cruenta battaglia navale nelle acque di Porto Conte, tra Aragonesi e Veneziani contro i Genovesi, battaglia vinta dagli Aragonesi, Alghero fu occupata; la conquista durò pochi giorni perché gli abitanti di Alghero si ribellarono agli Spagnoli e li scacciarono.
L’illusione, della ritrovata libertà, duro poco; dopo quattro mesi di assedio, nel 1354, la città fu riconquistata dagli Aragonesi. Dopo poco più di un anno, il re Pietro IV di Aragona dispose, dopo aver scacciato dalla città gli abitanti autoctoni, il ripopolamento di Alghero con un numeroso nucleo di cittadini Catalani.
Nel 1360, dispose altresì il trasferimento di numerose famiglie ebree dall’Aragona ad Alghero. Era iniziata per Alghero l’era catalana che durerà, con varie vicende, quattrocento anni; da quel momento il nome della cittadina diventò Alguer e la lingua parlata un dialetto catalano, ancora oggi usato da circa il 20 per cento della popolazione locale.
Alghero rappresenterà, per molti anni per gli Aragonesi, la via più breve per andare da Barcellona a Cagliari, capitale degli Aragonesi in Sardegna.
Il Regno di Aragona terminò il 14 gennaio del 1479, quando l’unione tra Ferdinando II d’Aragona e Isabella di Castiglia, dette origine al nuovo Regno di Spagna, e tutti i possessi aragonesi divennero territorio del neonato Regno.
Vista l’importanza strategica di Alghero per gli Spagnoli, la città, nel XVI secolo, fu dotata di più efficaci mura difensive e nuove torri. Con l’avvento delle nuove armi da fuoco le tecniche difensive dovettero infatti essere adeguate.
Il 28 agosto del 1501, ad Alghero fu conferito il titolo di Città Regia.
Le mura possenti che circondavano la città non bastarono a difenderla dalle malattie portate dai marinai di ritorno dall’Oriente, che, nonostante le prevenzioni sanitarie adottate, spesso causavano epidemie con migliaia di morti; tristemente famosa fu l’epidemia di peste bubbonica del 1652, che imperversò per quattro anni causando migliaia di vittime.
Nel 1708, con la pace di Utrecht, la Sardegna passò sotto il dominio dell’Austria, ma, solo pochi anni dopo, esattamente nel 1717, gli Spagnoli riconquistarono la Sardegna e s’impossessarono di nuovo anche di Alghero, la loro amata Alguer. Il corso della storia, però, era oramai cambiato e, la dominazione spagnola ebbe fine nel 1720, quando subentrarono i Savoia.
Alghero, in quegli anni contava 4500 abitanti, tutti di lingua catalana e legati alle loro tradizioni, che durano ancora oggi. Nel 1739 ad Alghero aprì il primo ufficio postale; nel 1821 la Città fu colpita da una grave carestia, che determinò insurrezioni e saccheggi, poi grazie all’intervento del Re, i disagi si attenuarono.
La fine dell’Ottocento vide anche Alghero tra le città vittime dell’emigrazione, molte famiglie abbandonarono la loro terra in cerca di nuove speranze.
Negli stessi anni, fortunatamente, grazie alla liberalizzazione della pesca del corallo, di cui le coste algheresi sono ricche, crebbe la raccolta del ricercato “Oro Rosso”, e di conseguenza migliorò la situazione economica degli abitanti e soprattutto degli amministratori della città; in quegli anni la rada di Alghero vide la presenza di oltre 400 barche coralline, provenienti soprattutto dalla Campania e dalla Liguria; molte famiglie, provenienti da Torre del Greco, si trasferirono poi definitivamente ad Alghero e ancora oggi i loro nomi compaiono tra gli abitanti della città.
Alghero nel Novecento
Nel 1862 nasce, sulla spiaggia di S. Giovanni, il primo stabilimento balneare di Alghero, lu Bagnettu; nel 1899, il re Umberto I e la regina Margherita visitano Alghero; nel 1912 entra in funzione l’acquedotto e pochi anni dopo viene realizzata l’illuminazione pubblica; nel 1933 hanno inizio i lavori di bonifica della Nurra, cui seguirà la costruzione di Fertilia.
Il primo idrovolante parte, nel 1937, dall’idroscalo di Porto Conte e l’anno successivo è inaugurato l’Aeroporto Militare di Fertilia. Poi la Seconda guerra Mondiale con le distruzioni e i morti. Nel 1946 i 17.000 cittadini di Alghero, con il Referendum tra Monarchia e Repubblica scelgono la Monarchia.
Nel 1952 inizia la costruzione del primo molo di sopraflutto del Porto, che rende l’approdo degno di tal nome… Il resto è storia di oggi, Alghero è una città soprattutto turistica, ma che si pregia anche di una moderna agricoltura e di un’attrezzata flotta da pesca, rinomata per la pesca delle aragoste. Da non dimenticare, nel bilancio economico della città, il noto corallo rosso di Alghero, il Corallium rubrum, il più pregiato al mondo.
Oggi Alghero è dotata di un buon porto, protetto da tutti i venti e con la possibilità di ospitare 815 imbarcazioni fino a 70 metri, i venti di traversia sono il maestrale e il libeccio.
Ci godiamo l’ultima sera rimanendo comodamente seduti nel pozzetto della nostra barca, sorseggiamo un noto vino della zona e di tanto in tanto lanciamo uno sguardo al lontano faro di Capo Caccia, il quale sornione occhieggia e già ci invita per una giornata nelle sue acque, va bene, abbiamo capito, ci vedremo domani per una giornata da passare insieme e poi… Via verso Sud, verso altre scoperte.
Testo e foto di Roberto Pasqualin
Bibliografia essenziale
“Alghero”, di Antonio Nughes, Zanza Editori, Cagliari 2005
“Alghero, la Catalogna, il Mediterraneo”, di Antonello Mattone e Piero Sanna, Edizioni Gallizzi, Sassari 1994.
“Stintino”, di Pietro Putzu e Antonietta Serra, Edizioni La Grafica, Porto Torres2007. o